L’App Artwork è un ulteriore passo nel mio percorso di ricerca. Il tentativo di portare gli aspetti più alienanti e distopici della tecnologia, da un luogo di tenebra a una luce salvifica. Il tentativo estremo e ardito di arginare il Kali Yuga.

Nata l’immagine in movimento, scaturisce la videoarte.

Nato il calcolatore, scaturisce l’arte digitale.

Con l’avvento delle “App” – distribuite sugli store e fruibili sulle device di utenti in tutto il mondo –  sento incontenibile il bisogno di esprimermi attraverso “opere d’arte come applicazioni”, ovvero: App Artwork.

La “device” (smartphone o tablet) è il mezzo su cui l’umanità, oggi, trascorre più tempo. E’ un mezzo capace di generare immagini e suoni, ma soprattutto in grado di fare da tramite tra l’umanità e la macchina, e tra l’umanità e l’infinito: una mole insondabile di informazione e dati, e di collegamenti con ulteriore umanità mediata da ulteriori macchine.

Un assoluto dharmico di eternità e condivisione: un Bhrama imperscrutabile di coscienza e conoscienza.

L’applicazione in generale, e soprattutto la “App” come viene considerata oggi, è un mezzo espressivo degno della libertà creativa di mezzi tradizionali come la scrittura, la pittura, o la musica e, in quanto tale, in grado di suscitare profonde evoluzioni di coscienza.

Narrazione, estetica, immaginazione, tecnologia.

Soprattutto la “App”, è un mezzo tramite il quale l’artista che possiede le capacità espressive tradizionali, insieme a quelle tecnologiche e ingegneristiche, può avventurarsi su strade inesplorate e feconde.

Dimensioni immaginifiche di una App Artwork

  • Dimensione quantitativa
    • La distribuzione tramite gli store (Apple Store e Google Play Store), consente l’accesso a 3 miliardi di device, e di anime.
  • Dimensione fluida
    • La varietà infinita di tipologie, capacità di calcolo, capacità di elaborazione grafica e sonora, fruizione, allestimenti tecnici e ambientali.
  • Dimensione temporale
    • Un’opera che viene “lanciata” può avere un’evoluzione nel tempo, finita o infinita, mortale o immortale.
  • Dimensione dharmica
    • Il soffio vitale delle device è la connessione con la rete. La connessione con il tutto e il sempre. La possibilità di condividere l’esperienza di un’opera d’arte con altri 3 miliardi di qui ed ora. La possibilità di interagire con il cloud e con la storicizzazione delle esperienze.
  • Dimensione vitale
    • L’opera è “viva”, in quanto evolve e cambia il comportamento in relazione al tempo e all’ambiente esterno, e alle relazioni con il tutto vitale in cui si fonde con l’altro.

Evoluzione degli Store come veicolo di App Artwork

L’attuale configurazione degli store non li rende ideali per la distribuzione di opere d’arte. Vi è il problema della “fungibilità”, ossia la non-unicità dell’opera scaricata, che rappresenta il primo ostacolo.

Per rendere gli store luogo ideale per dare vita al nuovo concetto di App Artwork, sono necessari, come minimo, i seguenti passaggi:

  • Un profilo sviluppatore da “Artista”
  • Distribuire le App come istanza unica o numerata, limitando a un solo esemplare o a un numero ridotto numerato deciso dall’artista.
  • Risolvere il problema della fungibilità associando ogni App Artwork a un singolo NFT su una blockchain.
  • Prezzo di vendita arbitrario superiore al limite attuale di 99 dollari.
  • Un profilo da “Collezionista”
  • Possibilità, una volta acquistata, di poter rimettere in vendita la App Artwork a un prezzo arbitrario, o in modalità asta.

Presto lancerò una petizione a Google ed Apple con una descrizione dettagliata sulle modalità ideali per l’espansione degli store a terreno fertile per nutrire e veicolare App Artwork.

La prima App Artwork nella storia pubblicata sugli store è “Ad Vitam”, un viaggio nell’impermanenza.

La relazione con gli Store

Durante il processo di approvazione di Ad Vitam, ha avuto luogo una bizzarra e buffa conversazione con il comitato di accettazione dell’Apple Store. Per loro non è concepibile un’app che “non serve a niente”. Dopo alcuni scambi alquanto surreali, il comitato ha compreso l’importanza del nuovo concetto di “opera d’arte come applicazione” e, soddisfatte alcune doverose curiosità tecniche, Ad Vitam è stata pubblicata con celerità sorprendente.